Inside the Labyrinth » portfolio di Poeta;

Croissant.

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Poeta
view post Posted on 25/9/2012, 14:07




CITAZIONE
Testo molto breve con cui ho partecipato a una sfida sul Mahou no Sekai GdR.

La luce entrava fioca dalle spesse tende della camera da letto del padrone. Chie entrò senza bussare, dirigendosi subito verso la scrivania e posandovi sopra il vassoio con la colazione. Si mosse quindi con l’intenzione di far entrare un po’ di sole in quella stanza ma una voce alle sue spalle le chiese cortesemente di non farlo. Lei si voltò, senza alcun timore. Sapeva che lui era lì. Lo guardò mentre si alzava pigramente dal letto e, indossando solo i pantaloni del pigiama, andava a controllare cosa lei gli avesse portato di buono. La ragazza si mise quindi a sistemare le coperte ma ancora una volta venne interrotta dalla calda voce del padrone. Lui le si avvicinò, portando con sé uno dei croissant che c’erano sul vassoio, assaporando l’espressione nervosa di lei. Le mise una mano sotto il mento, tirandole su il viso e guardandola negli occhi. Nel perdersi in quelle iridi verdi, Chie sentì le gambe tremare. Succedeva sempre, quando lui esercitava la sua autorità. Gli bastava un semplice sguardo. Il padrone, con voce ferma, le ordinò di aprire la bocca e lei eseguì. Le fece mangiare il croissant, lentamente, ricordandole che in quella mattinata avrebbe avuto bisogno di zuccheri. Lei obbedì, ormai abituata a quella routine. Quando ebbe finito, il padrone la fece accomodare sul bordo del letto, le accarezzò i capelli e le baciò dolcemente le labbra. Chie era rossa in volto, a certe cose non si abituava mai. Lui si inginocchiò e con delicatezza infilò le mani sotto la sua corta gonna, andando a sfilarle le mutandine. La cameriera arrossì ancora e tese i muscoli, nervosa. Con voce calma, lui le impose di rilassarsi e di aprire le gambe. Ancora una volta, nonostante tutto, lei eseguì, tirandosi su la gonna come da prassi, mostrandogli la sua intimità. Chie chiuse gli occhi, sapendo cosa l’attendeva. La sensazione di piacere arrivò dopo qualche attimo, la lingua di lui si muoveva sapiente e sapeva esattamente cosa fare. La stanza a poco a poco si riempì dei gemiti della cameriera. Il suo corpo era caldo e umido, la sua voce era piena di vergogna e lussuria. La sua mente lottava per liberarsi dal senso di colpa e accettare finalmente solo il piacere che lui le donava. I suoi fianchi seguivano i movimenti del suo padrone e Chie si arrischiò ad aprire gli occhi. Vederlo mentre si occupava di lei la fece avvampare, come sempre, ma al tempo stesso la rese più partecipe e meno pudica. Allungò una mano verso di lui, mise le dita tra i suoi capelli rossi e gli fece comprendere quanto apprezzasse quel trattamento. Lui continuò fino a quando Chie non fu completamente succube del piacere e poi si fermò. Il corpo di lei sentì quasi dolore quando lui smise. La cameriera guardò il suo padrone alzarsi in piedi e, senza che ci fosse bisogno che lui parlasse, restando seduta si sporse in avanti, scoprendo con le mani il sesso di lui, così pronto e bisognoso di attenzioni. Chie lo coccolò un po’ con la bocca e la lingua, lasciandosi guidare dalle richieste del padrone. Ad un certo punto lui decretò la fine di quel trattamento, ordinandole di prepararsi. La cameriera, allora, lasciò andare il suo membro e si alzò in piedi. Con celerità, si tolse la divisa, rimanendo nuda di fronte a lui. Attese che fosse il padrone a sedersi, poi gli diede la schiena e si sedette sulle sue gambe, con lentezza, lasciando che entrasse in lei. All’inizio il padrone fu dolce e lento ma ci volle poco perché quell’atteggiamento cambiasse e lui si lasciasse andare ai suoi istinti. La strinse per i fianchi mentre il corpo di Chie si contorceva dal piacere. I suoi gemiti erano ormai grida di lussuria. Si stupiva sempre di quanto suonasse volgare la sua voce in quei momenti ma aveva imparato a goderne e a lasciarsi andare. Il padrone continuò ad affondare in lei, senza sosta, andando a tastarle i seni nudi, stuzzicandoli e palpandoli con una mano, mentre con l’altra andava ad occuparsi di quel piccolo bottoncino tra le gambe della cameriera, suo centro del piacere. Chie sentì il proprio corpo fremere e tremare, la sua mente era vuota, ogni pensiero era rivolto al padrone. A poco a poco i suoi muscoli si tesero, sempre di più, e lei smise di respirare. Lui se ne accorse ed entrò in lei un ultima volta, con estrema violenza, andando a morderle il collo. I lunghi canini affondarono nelle sue carni, qualche rivolo di sangue colò giù dalla sua spalla, andando a macchiare il turgido seno. A quel punto il corpo di Chie esplose di un piacere incrementato da quel morso così sensuale, carnale e animalesco. Qualche istante dopo anche il padrone si lasciò andare al piacere, mentre succhiava la linfa vitale alla ragazza. Il connubio tra il sesso e il sangue era la sua ragione di vita, il suo credo. Il corpo esausto della cameriera era ancora tra le sue braccia, mentre imperterrito il padrone continuava a cibarsi di lei, del suo sangue e della sua lussuria. Alla fine, quando fu sazio, la prese in braccio e la portò nel suo bagno personale. La adagiò nella vasca e fece scorrere l’acqua, lavando accuratamente ogni traccia di quell’amplesso. Chie lo lasciò fare, docile e stanca. Quando lui la ritenne sufficientemente pulita, la fece uscire dalla vasca e la asciugò con un grande asciugamano bianco, lentamente e con attenzione. La riportò quindi in camera, prese da una sedia alcuni abiti ed uscì dalla stanza, lasciandola lì senza aggiungere una parola. Rimasta sola, Chie si rivestì con cura, lisciando la divisa e controllando che non si fosse macchiata. Una volta pronta, si apprestò ad uscire dalla stanza. Il suo sguardo cadde sul vassoio della colazione. Su di esso c’erano ancora tre croissant. E lei era certa che in quella giornata sarebbe stata costretta a mangiarli tutti. Con quella consapevolezza e il sorriso sulle labbra, lasciò la stanza.
 
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